Questa foto campeggia sul banco giochi del reparto di pediatria presso l’Ospedale dell’Angelo di Mestre. Tra un lego e una barbie i bambini alzano la testa e lo indicano con il dito: «Chi è?». E’ Christian Clemente , atleta Special Olympics. E non immaginano quanto metallo prezioso abbia conquistato nella sua vita. Non sanno dei due ori nei 100 delfino e 200 misti agli Special Olympics di Porto Rico del 2012. Né dei tre argenti nei 100 stile, 100 rana e staffetta mista 4×25 ai Giochi Europei Special Olympics di Anversa del 2014. I pediatri sì, che lo sanno. Quel poster in reparto l’hanno voluto loro per combattere lo stereotipo del ragazzo down, cicciottello e iperprotetto. Di quel luogo comune Christian ne fa carta straccia. È lui il campione in posa da Ercole che dà l’esempio, appeso ai muri della preoccupazione. «Sono io, che ho fatto del nuoto la mia vita». Lui, che a bordo piscina si accorge all’improvviso di un atleta autistico fermo a metà vasca e si tuffa per aiutarlo a finirla. «Fa sempre così – conferma Mirco Castellani, allenatore del 26enne mestrino – Quando si bloccano i compagni lui s’infila la cuffia e si butta. Spinge il petto sulla loro schiena. È una tecnica che ha imparato con la pallanuoto», l’ennesima specialità che gli ha scolpito il fisico. «Mostra i muscoli» lo esortano gli amici. «No, non voglio». Lui la forza la scatena in acqua. Sabato e domenica ai «Play the games» mestrini ha aggiornato di nuovo il suo medagliere. Nello zaino ha infilato un oro nella staffetta, un argento nei 100 delfino e uno nei 200 misti. Più un bronzo nei 100 stile. «Mi alleno cinque ore al giorno. Martedì, mercoledì, venerdì e sabato».
«Io lo seguo da quando era pestifero – ci scherza Castellani, che con la Polisportiva Terraglio lo ha tenuto a battesimo – Era piccolo, cicciottello e terribile. Poi abbiamo capito che pretendeva la nostra fiducia per migliorare». Tant’è che agli europei di Anversa, appena ventenne, lo mandarono in autonomia. Per la prima volta lontano da casa, senza i suoi allenatori. O quasi. «Perché noi siamo andati di nascosto a tifarlo. Anche se sapevamo che ce l’avrebbe fatta da solo». Quando Christian li scopre scoppia a piangere. «Vero, il nuoto ha fatto miracoli anche nel suo carattere, non solo nelle prestazioni. Ma niente sarebbe stato possibile senza l’alleanza pedagogica con i suoi genitori – dice Betty Pusiol, direttrice regionale di Special olympics -, perché viziarlo sarebbe stato più deleterio dell’handicap stesso». E Christian questa disciplina la fa sua, tanto che fuor d’acqua fa anche volontariato. «Distribuisco frutta e verdura a chi ha bisogno». Ha pure un trascorso da cameriere. E poi da commesso all’Apple store di Marghera. Il futuro? «È la mia domanda preferita. Io guardo sempre al futuro. Vorrei fare il giro del mondo con le gare».
[Tratto da Il Corriere del Veneto]