Cronaca di una partita indimenticabile ai Giochi Mondiali di Berlino

Stavolta, Beppe, non andiamo a Berlino. Semplicemente perché già ci stiamo e ci giochiamo la finale per l’oro. La nazionale italiana di calcio a 5 Special Olympics incontra ancora una volta la Germania per guadagnare l’ultimo atto di un mondiale. I ricordi caricano i nostri dieci azzurri. Arriva un messaggio da Fabio Grosso che spinge tutti a compiere un’altra impresa. Perché non è mai facile, con loro. Non lo è mai stato. Ma quando ci troviamo di fronte quelle maglie bianche e quei lineamenti netti, quegli sguardi duri, non si sa che cosa scatta dentro di noi. Qualcosa capace di colorare tutto, pure se qua dominano le loro infinite sfumature di grigio.
Serviva un’impresa. Serviva sperimentare lo sprofondo di un due a zero che avrebbe abbattuto i sogni di chiunque. Perché giocavamo bene, ma stavamo sotto. Non i sogni di Fabio, però, che tiene dritta la barra. Ha un equilibrio perfetto, non scivola mai sotto l’acquazzone, sa che per battere un portiere formato armadio quattro ante serve l’astuzia del colpo di punta. Futsal puro. Schemi su palla inattiva, palla sul secondo palo dove c’è Paolo che la mette dentro. Due pari. Le cose non succedono mai per caso: si preparano, si adattano alle situazioni, si interpretano col cuore. E pure quando l’orgoglio teutonico riporta avanti i padroni di casa, subito prima dell’intervallo, la consapevolezza che la partita resti nelle nostre mani c’è.
Andrea, Massimo e Fabio, i nostri tecnici, stanno dentro i muscoli dei loro giocatori, dentro le loro scivolate, in tutti gli incitamenti che quelle maglie azzurre, diventate ormai blu, assorbono e trasformano in un super potere.
È l’amicizia che ci porta avanti. Il secondo tempo è una cavalcata e uno stringere i denti. A suonare la carica è ancora lui. È ancora Fabietto, con il suo accento sardo. Un piccolo gigante, con la sua visione e la sua tecnica pulita. Il baricentro sta là in basso a proteggere la palla e il suo desiderio di finale. Ancora un colpo secco che buca la difesa. Tre pari. Pensi allora a Rivera, chi sarà il Rivera di questa partita? Chi farà Italia-Germania 4-3? Leonardo si batte, ha in mente i gol mancati del primo tempo, andando a sbattere contro questa nuova versione di muro di Berlino. Leonardo stavolta non cerca la potenza, ma trova il varco con una traiettoria beffarda, con un tocco morbido che ci porta avanti. È qua che comincia il difficile. Giovanni è una diga fatta di riflessi e balzi felini contro gli assalti. S’accartoccia sulla palla dopo ogni parata. Si capisce che i suoi sono abbracci, non semplici salvataggi. E dopo ogni parata iniziano a volare i suoi lanci sui piedi del pivot, l’attaccante che ci fa salire. Soffriamo, anche perché il gioco si fa duro. Stanno perdendo un’altra volta contro di noi e non ci stanno. È giusto così. I falli spezzano il ritmo, il campo allagato non aiuta. La vogliamo chiudere. Manca poco più di un minuto. Alessandro ha voglia di timbrare il cartellino pure con la Germania. Stoppa, difende, vince un rimpallo e la piazza sotto la traversa. Cinque a tre. Ci giochiamo la medaglia più bella con Porto Rico, domani. Il sogno azzurro continua…

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