Davide è un ragazzo buono, ama tutti indistintamente , è pacato e, se proprio devo trovare in lui un difetto – racconta mamma Carmela – posso senz’altro dire che sia un pò pigro. Lo sport, in tal senso, lo ha aiutato tantissimo. Lo ha aiutato anche ad apprezzare la compagnia e la condivisione con altre persone. Resta però il suo forte disagio nei confronti dei luoghi troppo affollati. L’ansia prende facilmente il sopravvento su di lui ed è necessario sempre tenerne conto.
L’inizio
Io e mio marito non potevamo avere figli, per questo abbiamo scelto di intraprendere la strada dell’adozione. Davide è entrato nelle nostre vite all’età di 9 mesi, non eravamo ancora a conoscenza delle sue difficoltà. Anzi, le varie analisi e le visite in fase di preaffido non avevano rilevato in lui alcuna problematica, ci dicevano che era un bimbo sano. Prima di noi, aveva vissuto in una comunità e gran parte delle sue paure, come quella dei cosiddetti “camici bianchi” l’avevamo attribuita proprio al contesto sociale in cui era stato costretto a vivere. I primi tempi non furono comunque semplici, le pratiche dell’adozione iniziarono prima che la madre naturale desse il suo consenso e firmasse tutti i documenti, almeno all’inizio, siamo andati avanti con il terrore che potesse ripensarci, portando via con sè chi già sentivamo come figlio nostro.
Col passare del tempo ci siamo man mano resi conto che Davide tardava a camminare e aveva delle difficoltà oggettive anche nella padronanza del movimento delle mani. Non ci siamo sentiti affatto supportati dalle istituzioni. Gli assistenti sociali ci hanno fatto visita tre volte e poi sono spariti. Siamo andati avanti fino all’ultimo anno di asilo, poi è arrivata la diagnosi che, all’epoca, ha tuonato come una sentenza. Davide ha una displasia evolutiva legata ad un ritardo cognitivo.
Non ci siamo arresi ed abbiamo iniziato con lui un percorso di psicomotricità che lo aiuterà a riprendere l’uso delle mani. Il recupero che volevamo ottenere per lui era anche sociale. Lo abbiamo inserito in un gruppo scout che lo ha aiutato tantissimo nelle relazioni.
Davide e gli altri
Oggi Davide ha 24 anni, ma la sua età celebrale si aggira sui 12-13 anni. Come dicevo, è un ragazzo molto buono, non sa distinguere tra il bene e il male, non percepisce la cattiveria delle persone intorno, in genere nutre molta fiducia nel prossimo e si affida spontaneamente a chi, anche solo a parole, gli dichiara amicizia vera e sincera.
Abbiamo sempre cercato di non far mancare niente a Davide, anche a livello materiale. E’ sempre stato stimolato con tante opportunità di gioco, tanto che la sua Playstation, ad esempio, è diventata una grande attrazione per qualcuno che si proclamava “amico” ma, ce ne siamo resi conto con il tempo, in pratica venivano a casa nostra al solo scopo di giocarci.
Davide non ha una disabilità visibile agli occhi, come può essere ad esempio la Sindrome di Down, e questo non lo ha aiutato molto, anzi. Suo malgrado, complice la sua infinita bontà d’animo, è stato più volte preso di mira dai suoi coetanei. Ricordo in particolare un episodio: era uscito in bicicletta con i soliti suoi “amici” che evidentemente hanno poi incontrato altri “poco gentili” con cui hanno fatto branco. In sostanza hanno versato su Davide un’intera bottiglia di latte. Al suo ritorno a casa, zuppo dal capo fino ai piedi, non ha saputo raccontarci cosa fosse successo, nè dava l’impressione di aver subito qualcosa di particolarmente spiacevole. Seppi solo in un secondo momento, dopo mesi, cosa era successo veramente.
Piccole e grandi conquiste
Quando ha iniziato le superiori Davide scriveva le frasi tutte attaccate e leggeva malissimo, però fu proprio in quel periodo che iniziò ad andare tutto meglio. Merito di un corpo insegnante preparato e pronto ad includerlo in classe. E’ stato accettato e ben voluto da tutti i compagni e questo contesto così positivo e sereno gli ha permesso di migliorare a livello relazionale sicuramente, ma anche a livello didattico. Davide ora scrive e legge abbastanza bene, è abilissimo con il cellulare, non riesce a fare i conti ma, in compenso, ha una straordinaria memoria visiva. Grazie a questa sua ultima dote è riuscito a prendere la patente. Ha superato senza troppe difficoltà la teoria, mentre l’esame pratico lo ha dovuto ripetere una volta. Ricordo ancora quando mi chiamò al telefono solo per dirmi: “Mamma, ce l’ho fatta!”. E’ stata un’emozione per me.
Molti limiti di Davide ci sono ancora e non tenerne conto significherebbe esporlo a dei pericoli, per se stesso e per gli altri. Per questo oggi usa la macchina solo in periferia, fino a tre o quattro paesi vicino. E’ molto autonomo negli spostamenti e nello svolgere determinate commissioni. Di recente doveva rinnovare la carta d’identità, nè io nè mio marito potevamo accompagnarlo, così si è lanciato da solo in questa “avventura”. A cosa fatta mi ha voluto tranquillizzare con la telefonata puntuale: “ Mamma ce l’ho fatta!”. Una volta a casa ho voluto controllare se effettivamente era riuscito nel suo intento senza particolari difficoltà. Davide aveva ragione, ce l’ha fatta anche stavolta.
Davide ha partecipato a diversi stage senza assunzione nei laboratori occupandosi delle provette, ha fatto giardinaggio. Ultimamente siamo venuti a conoscenza della possibilità di avere un educatore, una sorta di tutor da metà febbraio in poi. Vedremo cosa succede: Davide non ha ancora un lavoro, oggi tutto il suo impegno è dedicato allo sport, è un atleta Special Olympics.
Lo sport
Sono un’insegnante di scuola materna ed ho conosciuto Special Olympics grazie ad una collega già coinvolta.
Davide ama fare sport e si è cimentato in diverse discipline. Dal nuoto al basket, dal bowling al golf prima di approdare alla ginnastica artistica che sembra essere quella in cui riesce meglio ad esprimersi. Non è stato semplice capire quale fosse lo sport a lui più congeniale dal momento che, in generale, ha molta paura di farsi male. Per questo sono stati esclusi a priori gli sport di contatto come il calcio, oppure lo sci.
Abbiamo seguito Davide in tutto il suo percorso sportivo, dagli allenamenti fino alle gare. Partecipare agli eventi Special Olympics è bellissimo. E’ un mondo fatto a misura per ogni atleta e le emozioni dagli spalti sono molteplici per noi genitori. A proposito di emozioni, in 23 anni che conosco Davide, non l’ho mai visto esultare sul podio. Generalmente non ha reazioni eclatanti. E’ visibilmente contento ma non va oltre, si tiene tutto dentro.
Anche quando è arrivata la convocazione ai Giochi Mondiali di Abu Dhabi non ha avuto particolari reazioni. Ci è voluto del tempo per fargli capire l’importanza e la bellezza di una tale opportunità e tutt’ora non siamo certi che ne abbia compreso a pieno la grandezza. E’ contento, aspetta con ansia l’arrivo della divisa e chiede spesso quando dovrà partire. Abbiamo percepito in lui un’ansia crescente al punto che, nonostante all’inizio non fosse in programma, abbiamo deciso di seguirlo anche in questa avventura. Così andremo anche noi negli Emirati Arabi, non staremo con lui fisicamente, ma faremo forte il tifo dagli spalti. Crediamo che il sapere della nostra presenza lì sul posto lo possa aiutare ad essere più sereno
Questa scelta, per noi oggi felice, ha un peso specifico non indifferente: ci siamo dovuti organizzare con il lavoro e ho dovuto valutare bene tutte le condizioni considerando anche il mio stato di salute. Purtroppo ho scoperto di recente di avere la sclerosi multipla ma continuerò a fare tutto quello che è in mio potere per infondere fiducia e serenità in mio figlio. Lo stesso che più di qualunque altra persona al mondo, mi ha insegnato che dalle difficoltà, anche le più forti, si può risalire trovando il sostegno giusto.
Lo ripeto spesso anche alla mamma di una bambina con disabilità intellettiva che frequenta la scuola in cui lavoro. Vedo ancora nei suoi occhi la paura per il futuro, la paura di non essere all’altezza dei sogni che vorrebbe si realizzassero per sua figlia. Le infondo coraggio ripetendole che le opportunità sono molteplici e, a volte, sorprendenti. Le parlo a lungo di Davide ed anche di Special Olympics, certa che dopo l’esperienza di Abu Dhabi potrò dirle, con risoluta certezza, che i sogni, soprattutto quelli che richiedono più fatica di altri, si avverano, si che si avverano.