Gerald Mballe, atleta partner di Special Olympics Italia, al Forum “On the Margins”

“Quando ero bambino, nel mio paese, mi chiedevo spesso perché le mamme relegassero in casa i bambini con disabilità intellettive o fisiche, non ho mai trovato una risposta. In Italia ho guardato gli atleti Special Olympics, in loro ho rivisto le mie stesse difficoltà di “straniero”,  con un aspetto diverso, un linguaggio diverso, un diverso colore della pelle. Ho riconosciuto in loro tutta la mia fatica e la determinazione per ottenere un’opportunità di dimostrare il talento, il potere e la saggezza di cui siamo portatori; così ho preso la decisione di diventare un atleta partner e oggi,  invece di essere uno spettatore, entro  in campo a giocare.”

Amsterdam, 23 gennaio 2018 – In occasione del Forum “On The Margins” ospitato da Special Olympics Europe Eurasia e sostenuto dall’Unione Europea, alla presenza di esperti internazionali, atleti con  disabilità intellettive e, in generale, coloro che utilizzano lo sport in tutto il mondo come strumento per affrontare il tema globale dei rifugiati, i riflettori si sono fermati sull’intervento di un giovane camerunense  di nome Gerald. Intervistato da David Eades della BBC World News ha raccontato di come la sua vita, iniziata come un difficile viaggio di speranza nel dolore , oggi sia notevolmente cambiata grazie allo sport unificato.

“I miei compagni di squadra mi hanno accolto spontaneamente come fossi un  fratello, hanno da subito iniziato a chiamarmi con il mio nome e non “ragazzo di colore” o “uomo nero”.  Mi hanno accettato senza alcuna discriminazione, dandomi così il potere di superare le barriere che il mio paese aveva creato nella mia mente. Mi hanno reso un atleta di sport  unificato completo, così mi sono dedicato totalmente al Movimento Special Olympics, sapendo perfettamente di cosa hanno bisogno le persone con disabilità intellettive, perchè è lo stesso bisogno che ho avuto io:  di fiducia  e responsabilità, di un’opportunità e di un obiettivo da centrare con determinazione.

Trascorrendo il mio tempo con la mia squadra, mi diverto fino al punto di dimenticare completamente che abbiamo le nostre piccole differenze; gli atleti Special Olympics mi hanno curato le ferite che avevo nello spirito e mi danno ogni giorno la forza di essere quello che sono, quello che diventerò domani e anche l’opportunità di essere dove sono oggi.

Special Olympics mi ha cambiato totalmente la vita. Sapevo che avrei potuto imparare molto da loro, e ora credo che, insieme, possiamo mostrare ad ogni persona come guardare con occhi diversi il mondo intorno.”

Il Forum ha voluto mettere in evidenza le migliori pratiche che il Movimento Special Olympics promuove per dare un importante contributo all’urgente questione dei rifugiati di fronte alle Comunità e ai governi nazionali di tutta Europa.

L’intervento di Gerald in questa importante occasione dimostra come l’inclusione promossa da Special Olympics si riferisca principalmente alle persone con disabilità intellettive ma non solo,  intende coinvolgere fortemente anche tutte quelle persone che vivono, o hanno vissuto, situazioni di disagio e discriminazione. Special Olympics oggi è una realtà aperta a tutti, anche alle persone senza disabilità intellettiva che desiderano mettersi in gioco per diventare promotori di un cambiamento culturale ed etico.

Quella di Special Olympics è un’ inclusione a 360° e lo strumento ideale per realizzarla è lo sport unificato.

 

Leggi la storia di Gerald Mballe


 

Attualmente ci sono circa 22,5 milioni di rifugiati a livello globale, di cui si stima che 7,7 milioni siano disabili, con circa mezzo milione di persone con disabilità intellettiva. Questo gruppo di persone, sottovalutate e invisibili, affronta alcune delle forme più indicibili di discriminazione, isolamento sociale, sfruttamento e abuso. Esistono “sui margini”, in una popolazione già emarginata. Il Forum ha visto la formalizzazione di importanti impegni presi da partner importanti, leader e responsabili dei cambiamenti per sottolineare l’urgente necessità di agire per garantire che questo gruppo all’interno della più ampia popolazione di rifugiati e migranti non venga lasciato solo.

 

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