Testimonianza di Paola Cannone — Mamma di Yannick Gain
Mi chiamo Paola Cannone e sono la mamma di Yannick Gain. La storia che segue è raccontata da me, dal mio punto di vista di madre che ha vissuto ogni istante di questo percorso accanto a lui.
Ci sono bambini che arrivano nel mondo in punta di piedi, senza clamore.
Yannick è arrivato così: un bimbo tranquillo, occhi grandi, curioso e silenzioso. È nato con un cesareo programmato per prudenza, un inizio semplice, pulito. Nessuno avrebbe potuto immaginare quanto, negli anni, quel silenzio si sarebbe trasformato in un nuovo linguaggio fatto di movimento, forza e determinazione.
Quando aveva due anni, noi genitori abbiamo iniziato a intravedere qualcosa.
Non un problema, non un peso.
Piuttosto una domanda: “Di cosa ha bisogno davvero nostro figlio per essere felice?”
La diagnosi ufficiale di autismo è arrivata a tre anni, ma la verità è che nessun foglio può raccontare cosa significa essere genitori in quel momento: capire, proteggere, correre contro il tempo mentre la sanità pubblica ti volta le spalle.
Ricordo ancora il giorno in cui una pediatra mi disse, con una freddezza che non dimenticherò: “È autistico. Non c’è nulla da fare”.
Quella frase avrebbe potuto spezzarci. Invece ci ha resi più forti.
Abbiamo scelto di non credere al “non c’è nulla da fare”, perché nel nostro cuore sapevamo che c’era così tanto da fare.
Le prime montagne: rigidità, silenzio, toast e frullati
L’infanzia di Yannick è stata una strada in salita.
Rigidità motoria, difficoltà relazionali, un’alimentazione limitata a pochi cibi: toast senza glutine, prosciutto cotto, frullati di frutta. Per anni.
Poi, un giorno, in una vacanza sulla neve, accade qualcosa di piccolo e rivoluzionario: una patatina fritta, un pezzetto di cotoletta.
Un assaggio timido che diventa un varco, un primo passo verso un mondo che sembrava chiuso.
Le difficoltà a scuola, invece, non erano piccole.
Il passaggio alle medie è stato duro, doloroso, spesso ingiusto.
Durante il COVID, mentre molti ragazzi vivevano la didattica a distanza, Yannick riceveva meno di mezz’ora a settimana. Il resto lo facevamo io e suo papà: quattro ore al giorno insieme, materiale preparato in autonomia, apprendimento costruito a mano, con pazienza e amore.
Eppure, proprio la scuola ci ha regalato anche una delle gioie più grandi: una quinta elementare inclusiva, creativa, luminosa. Compagni che venivano a casa due volte la settimana, merende insieme, giochi, amicizia vera.
Anni dopo, la festa dei suoi 18 anni — organizzata con lui passo dopo passo — è stata per tutti la dimostrazione che la felicità, quando è condivisa, si moltiplica.
Quando il corpo parla: la scoperta dello sport
Lo sport è arrivato presto, ancora prima delle parole.
A tre anni, l’acqua del nuoto era un abbraccio nuovo: serviva a sciogliere le rigidità, allenare il fiato, trovare una via per comunicare senza parlare.
Poi è arrivato il tappeto elastico in salotto, i gonfiabili nei parchi, il pattinaggio su rotelle per imparare equilibrio e fiducia.
Sci. Corsa. Bicicletta.
Avevamo paura che lo sport potesse essere un parcheggio. È diventato il contrario: è diventato un ponte. Un ponte verso la fiducia. Verso gli altri. Verso sé stesso. Oggi Yannick non “fa sport”: vive di sport. Corre gli 800m e i 1500m, nuota a rana e stile, gareggia in bici con entusiasmo contagioso.
Si allena con dedizione, costruisce routine, migliora, cresce. Quando corre, il mondo sembra allinearsi intorno a lui. Quando nuota, il tempo sembra allungarsi e diventare spazio. Quando pedala, sembra più leggero.
E quando partecipa alle gare Special Olympics, qualcosa cambia nel suo volto: diventa un ragazzo che si sente visto, riconosciuto, parte di qualcosa più grande.
Special Olympics: il luogo dove il cuore respira
Per Yannick, Special Olympics significa tre parole: felicità, fierezza, inclusione vera. Non una parola vuota: vera.
Non quella raccontata nei discorsi, ma quella vissuta, incontrata, sentita.
Per noi come famiglia, Special Olympics è un approdo sicuro: “È il posto dove lo vediamo felice, libero, protetto ma non limitato. Dove non dobbiamo spiegare chi è Yannick: basta guardarlo mentre si muove.”
Lo sport gli ha regalato autonomia, amicizie sincere, sicurezza, opportunità.
Non ha ancora viaggiato da solo con Special Olympics, né preso un aereo per un evento internazionale — ma sa che quel giorno arriverà.
Intanto è già abituato — e felice — di andare in gita con i suoi compagni di scuola, esperienze che vive con entusiasmo, curiosità e sempre maggiore autonomia. E quando accadrà, sarà pronto.
Oggi e domani: la vita che costruisce, il futuro che sogna
Oggi Yannick è un ragazzo autonomo nei luoghi che conosce, ama cucinare, aiuta molto in casa, ha un senso dell’orientamento incredibile e una naturale abilità nella logica e nei processi: segue sequenze, organizza passaggi e comprende gli step delle attività con una precisione che sorprende sempre.
Sta costruendo competenze: PCTO, lavoro futuro, autonomia nella vita quotidiana, comunicazione sociale.
I suoi sogni sono semplici e bellissimi: continuare a fare sport, viaggiare, stare con gli amici, fare festa.
Il mio sogno, come mamma, è altrettanto semplice e profondissimo: la sua serenità, sempre.
E qualcuno che un giorno possa prenderlo per mano quando noi non potremo farlo.
@yannickvola: il diario di un ragazzo che vola
La storia di Yannick vive ogni giorno nel suo profilo Instagram @yannickvola, un diario di allenamenti, sorrisi, conquiste, musica e vita vera.
Un luogo dove mostra a tanti altri ragazzi — e alle loro famiglie — che lo sport può diventare un linguaggio, una casa, un futuro.
Perché in fondo, la vita di Yannick insegna una cosa semplice e potentissima: quando ti muovi, qualcosa dentro di te si muove sempre verso il meglio.


