L’inno alla vita di Veronica

Mi chiamo Veronica Paccagnella ho 16 anni e vivo in provincia di Padova. Amo la matematica, il colore arancione e ho una vera passione per il pane e per la pizza, mentre detesto i cerotti, il buio e gli insetti. Prediligo il rapporto “uno a uno”, piuttosto che quello di gruppo, ma in questo lo sport e l’esperienza con la mia squadra di ginnastica, lo Special Team di Special Olympics, mi ha aiutato tantissimo: con loro sto bene, non ho difficoltà a stare tutti insieme e mi sento davvero tra amici. Durante gli allenamenti si lavora molto, ma si ride e si scherza insieme e se qualcuno è in difficoltà sono sempre pronta a dare una mano. Come disse quel giorno il mio genetista, la mia non è una malattia, ma una condizione genetica, questo me l’ha insegnato la mamma quando io ho cominciato a dirle di essere “ammalata di sindrome di Down”. Ho imparato che io posso, magari con più fatica di altri, raggiungere grandi risultati: oggi sono una ragazza serena, sorridente e più che mai attaccata alla vita.

La mia nascita
Mia mamma, Chiara, mi racconta di avermi fatta nascere, dopo una serena gravidanza, all’ospedale di Abano Terme. Lei, all’epoca 29enne, non aveva fatto, vista la giovane età, alcun indagine prenatale. Subito dopo il parto, i medici si sono accorti che c’era qualcosa di strano, ma non erano certi di quale fosse il problema perché non avevo tutte le “caratteristiche” della sindrome di Down. Subito l’hanno detto al mio papà, Andrea, pregandolo di non anticipare ancora nulla alla mamma. Ho trascorso il mio primo giorno di vita nell’incubatrice perché non scambiavo bene l’ossigeno, ma nulla di grave: il giorno seguente mi hanno finalmente messo tra le braccia della mamma e lei si è subito accorta che qualcuno le stava nascondendo qualcosa. Ha chiesto spiegazioni a papà il quale le ha spiegato che i medici erano dubbiosi e che mi avrebbero fatto alcuni esami per chiarire le cose. Dopo qualche giorno dal ritorno a casa è arrivato l’esito, con una telefonata fredda e sbrigativa da parte di una pediatra di turno:  “la bambina è positiva alla Trisomia 21. Saluti”.

I dubbi e le prime preoccupazioni
La mamma prese piuttosto male la notizia. La sua preoccupazione derivava anche dal fatto che, avendo già un fratello portatore di handicap, di tipo fisico, sapeva bene cosa significava gestire una disabilità e le sue problematiche, anche se ancora non sapeva bene quel che comportava la sindrome di Down. La reazione iniziale di mamma fu infatti di panico, ansia e rassegnazione. Aveva paura, era preoccupata, continuava a chiedersi dove poteva aver sbagliato, perché proprio a lei doveva capitare una cosa del genere. Papà, al contrario, si rimboccò subito le maniche, non diede peso alla mia “diversità”, accettò subito la situazione ed agì di conseguenza. Dopotutto ero la loro figlia tanto amata e desiderata! Si affidarono ad uno specialista che potesse dar loro una panoramica più dettagliata della mia sindrome, in modo da poterli aiutare a capire quali fossero i comportamenti, i metodi educativi, le avvertenze da seguire. Mamma dice sempre che quando uscì da quell’ambulatorio si sentì rassicurata, quasi rinata. Finalmente anche lei ora mi vedeva in maniera diversa! Quel dottore le disse che si vedeva che aveva fatto una bella gravidanza perché io ero serena, non avevo alcuna complicanza legata alla mia situazione, “ero perfetta nel mio essere speciale”.

 

L’impegno dei miei genitori
Da quel giorno è cominciata una nuova vita per mamma e papà. All’età di 40 giorni ho fatto la mia prima fisioterapia presso la “Nostra Famiglia” di Padova, dove sono tutt’ora seguita per lo sviluppo ed il miglioramento della mia autonomia. Dai 7 ai 9 anni ho fatto logopedia; in ogni passo sono stata seguita da un’equipe di specialisti che, capitanata da una psicologa che ha seguito la mia crescita fin dai primi giorni di vita, ha coinvolto anche i miei insegnanti di scuola. Mamma e papà, su consiglio dei medici, hanno deciso di iscrivermi all’asilo nido quando avevo 16 mesi ed è stata un’esperienza molto utile per me, in quanto ho imparato a stare con gli altri fin da piccola, e per mamma e papà, che hanno ricevuto diverse indicazioni che sono risultate importanti per la mia crescita.

La malattia
Ad agosto del 2004, tornati dalle vacanze, mamma e papà si sono accorti che c’era qualcosa che non andava, ero sempre molto stanca e svogliata, avevo sonno ma la notte mi svegliavo piangendo. Strani segnali che non riuscivano ad interpretare. La mamma, che generalmente era la meno apprensiva tra i miei genitori, in quell’occasione convinse anche papà di portarmi all’ospedale, fu la mia salvezza! Qualche ora in più e non ce l’avrei fatta. Mi misero subito sotto antibiotico e con una sacca di sangue, perché la mia emoglobina era crollata. Mi diagnosticarono la LAM, leucemia miloide acuta; la forma più grave di leucemia, il tumore del sangue. Avevo 2 anni e mezzo e subito fui trasferita al reparto di oncoematologia pediatrica di Padova, “La Città della Speranza” da cui sarei uscita all’inizio di gennaio del 2005. Il 14 agosto iniziai la mia prima chemioterapia, persi i capelli e risultai essere allergica ad un particolare tipo di antibiotico, ma prima di scoprirlo dovetti rimanere più di un mese in isolamento.

 

La fine di incubo
A giugno di quello stesso anno, mamma e papà avevano scoperto che era in arrivo una sorellina e quindi dalla fine di settembre, fu papà a passare le nottate con me, sul letto dell’ospedale. Con lui ho stretto un legame unico e speciale, diverso da quello che ho con la mamma. Alla fine, dopo tanta fatica, sofferenza, angoscia, dolore, fortunatamente sono riuscita a vincere la malattia, che non ha più presentato alcun segnale e dalla quale sono stata dichiarata “guarita” qualche anno fa. E così ho potuto iniziare anche la scuola dell’infanzia. Ero molto contenta di andarci ma non mi piaceva tanto stare con gli altri, preferivo le maestre, anche perché durante la malattia avevo dovuto imparare a stare distante dai bambini che potevano trasmettermi anche un semplice raffreddore dal quale probabilmente non sarei sopravvissuta. Spesso mi isolavo a giocare con i miei amici immaginari, questo succede ancora oggi quando nessuno vuole fare il gioco che piace a me, oppure semplicemente quando non mi va di stare in compagnia o ancora quando voglio dire qualche cosa a cui nessuno può controbattere.

La scuola
Al termine della scuola dell’infanzia le maestre mi ritenevano perfettamente in grado di affrontare la scuola elementare e così, nel 2008 all’età precisa di 6 anni, approdai alla scuola primaria “G. Pascoli” di Saccolongo. Qui conobbi Antonella, la mia meravigliosa maestra di sostegno. Con lei ho instaurato un rapporto di simpatia, complicità, fiducia e rispetto reciproco. Ci stavo assieme molto volentieri, con lei la scuola sembrava più facile e divertente. Abbiamo legato talmente tanto che sono stata invitata perfino al suo matrimonio: in camera mia c’è una foto bellissima di quel giorno, in cui ci abbracciamo sorridendo. I miei compagni di scuola, in particolare alcune compagne, sono stati davvero meravigliosi, insieme frequentavamo anche il coro della parrocchia, ci stavo davvero bene insieme. Alle medie i compagni sono un po’ cambiati, ma essendo rimasta comunque nello stesso paese, il contesto non era del tutto nuovo e anche con loro non ho avuto particolari difficoltà; ho potuto conoscere alcune nuove compagne con le quali ho stretto un bel legame. Ho sempre avuto difficoltà ad entrare in relazione con gli altri, per questo quando riesco a rapportarmi con una persona stringo con lei un legame speciale. Temo un po’ il giudizio degli altri e ci metto un po’ ad aprirmi ed a parlare.

La nascita di mia sorella
Nel frattempo, il 9 febbraio 2005 è nata la mia sorellina Anna. Avevo ancora i capelli molto corti, che iniziavano a ricrescere dopo aver finito le terapie: lei ha portato un raggio di luce in quel periodo così buio. Anna è una bambina molto bella, intelligente e solare. Ama stare al centro dell’attenzione e inventa sempre qualcosa di nuovo. Adora leggere e sono stata io ad insegnarle le lettere dell’alfabeto quando non aveva ancora 5 anni usando le letterine calamitate. Tra noi due c’è sempre stato un rapporto di amore-odio, come tra tutte le sorelle che si rispettino del resto. Ma quando la mamma le brontola, io cerco di proteggerla e a volte mi metto anche a piangere perché non mi piace che qualcuno la sgridi. Anche lei è molto protettiva nei miei confronti: ci vogliamo davvero tanto bene. Ora Anna ha 13 anni e non sempre è facile rapportarsi ai miei tempi e alle mie difficoltà: a volte perde la pazienza e magari sbotta, ma se ne accorge subito e corre ai ripari!

Il dolore più grande
Nella mia vita poi è successo un altro tragico evento, che mi ha segnata molto più della lunga malattia. Il 4 agosto 2010 è morto il mio papà, Andrea, l’uomo della mia vita. Aveva un tumore al pancreas e non è riuscito a sconfiggerlo. Quando la mamma me l’ha detto sono scoppiata a piangere. Ero spaventata all’idea di non averlo più tra noi. Mi manca, veramente tanto. Io ed Anna, sul comodino, teniamo una foto sua che ci ricorda che lui è sempre con noi. Quando mi capita di parlare con le mie amiche dei nostri papà, sono un po’ triste nello spiegare loro che il mio non c’è più, ma dico sempre loro che “papà è in cielo, ma noi ce l’abbiamo sempre nel cuore”. Fortunatamente, con noi vive nonna Lucia, una presenza diventatata fondamentale. E’ una nonnina adorabile, che ci vuole un mondo di bene ed è sempre disposta ad aiutarci.

Gli studi
Oggi ho 16 anni e frequento il secondo anno superiore all’istituto alberghiero “Pietro d’Abano”, di Abano Terme. Anche in questo percorso sono accompagnata da insegnati di sostegno davvero speciali, ma devo ammettere che all’inizio è stata dura: non conoscevo nessuno e il sostegno è arrivato a dicembre, ora le cose vanno decisamente meglio e ho conquistato maggiore sicurezza in me stessa e nelle mie capacità. Vado a scuola da sola con il pullman di linea, una grande conquista per me. A gennaio ho scelto la specializzazione per il prossimo triennio che sarà “sala”: mi ci vedo con la mia bella divisa a preparare e sistemare tavoli e spero di imparare anche a consigliare i clienti, sì perché sono un pò timida e chiusa, ma ci sto lavorando.

Lo sport
L’attività sportiva ha avuto un ruolo fondamentale nella mia crescita. Ho iniziato sin da piccolina, prima con il nuoto e poi con l’atletica leggera. Circa due anni fa siamo approdati, per puro caso, alla palestra della Blukippe di Albignasego e lì è iniziata una nuova e incredibile avventura con Special Olympics. Ho fatto una prima lezione di prova di ginnastica artistica ed è stato subito amore! Sono molto schematica, amante delle regole. Se tu mi metti di fronte ad un esercizio di matematica, io te lo risolvo velocemente ed in maniera eccellente, ma se mi chiedi di parlarti di storia, lì cominciano le difficoltà. Il fatto che mi muovo bene all’interno delle regole è un mio punto di forza e anche nella ginnastica mi aiuta, perché è una ripetizione di movimenti che devono essere eseguiti in ordine e in maniera ripetitiva. Sembra che io faccia ginnastica da sempre, in casa, dopo i compiti, non faccio altro che esercitarmi nei passi del corpo libero o fingere di essere sulla trave e fare un passé. Lo scorso anno ho partecipato ai Giochi Regionali di Special Olympics in Lombardia vincendo 4 medaglie d’oro. Ora mi attendono i Giochi Nazionali Estivi di Special Olympics che si terranno in Toscana dal 4 al 9 giugno prossimo.  Ho sempre bisogno di sicurezze, sono molto riflessiva, voglio sempre sapere quello che succede dopo, quasi per prepararmi: insomma, non riesco sempre a godermi appieno il momento. Ma ho vinto la mia pigrizia e sono diventata molto determinata: se mi prefiggo un obiettivo ce la metto tutta per raggiungerlo; anche in questo l’attività sportiva mi ha insegnato tanto.

I Giochi Mondiali
La passione e l’impegno sportivo mi hanno regalato infinite soddisfazioni, l’ultima a dicembre quando mi è stato comunicato di essere stata convocata per i Giochi Mondiali Estivi Special Olympics che si terranno a marzo 2019 ad Abu Dhabi. All’inizio non capivo bene cosa significasse “andare ai mondiali, rappresentare il proprio paese ad un evento internazionale”, ma quando la mamma mi ha dato qualche spiegazione in più sono scoppiata a piangere! Mi sembra ancora un sogno e non vedo l’ora di vivermi questa’altra meravigliosa avventura cercando di dare sempre il massimo e perchè no, provare a portare a casa una medaglia. Da quando la notizia ha iniziato a circolare, molte persone mi fanno i complimenti e mi chiedono notizie ed io sono molto orgogliosa di questo.Voglio diventare grande e raggiungere sempre nuovi obiettivi, a misura dei miei piccoli passi. Un giorno alla volta, ma con la determinazione di sempre, certa dell’amore delle persone che mi circondano e che ogni giorno fanno in modo che la mia vita sia luminosa e felice. Abu Dhabi, sto arrivando.

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