Premessa
“Se dovessi descrivere mia figlia in poche parole direi che è una ragazza che ha diversi problemi certamente, ma guardandola oggi le prime cose che mi vengono in mente non sono queste, bensì le sue capacità. Tanto per cominciare è precisa – racconta mamma Jole – ha un senso dell’ordine e della pulizia molto forte, ma soprattutto ha una determinazione fuori dal comune, si impegna in tutto ciò che fa e non vuole mai essere aiutata, vuole riuscire da sola a raggiungere l’obiettivo, piccolo o grande che sia. In lei negli anni ho visto crescere una sete di autonomia man mano più evidente e ho cercato di assecondarla, stimolandola a migliorarsi sempre, senza sconti.
L’ho portata ovunque, siamo spesso fuori casa, facciamo lunghe passeggiate, andiamo anche in bicicletta insieme, pure se non si può certo dire che non sia “faticoso”, pure se lei resta indietro.
La nostra famiglia, formata da noi genitori, sposati e uniti da 43 anni, e dai nostri due figli, Barbara e Riccardo, ha girato l’Italia, grazie a Barbara.
Oggi siamo fieri, orgogliosi e ogni scusa e buona per uscire di casa e stare fuori, ma mentirei se dicessi che è sempre stato così.
La nascita
Barbara nasce l’8 luglio del 1977, all’epoca vivevamo in un piccolo paesino vicino Pisa. I medici, in principio, non seppero dirci esattamente cosa avesse Barbara, non seppero nemmeno dare un nome alle sue difficoltà, nè attribuire una causa a tutto quello che non andava in lei. Lei, piccolina, storceva un occhio e tardava a camminare, aveva evidenti problemi di equilibrio e lo sconforto e la paura si erano impossessati di noi, di me in particolare che sono sua madre. Ho passato almeno 5 anni “bui”, li definisco così perchè passavo il mio tempo chiusa in casa con mia figlia. Seppi poi dall’Istituto Mayer di Firenze che la sua disabilità è stata provocata da un virus contratto nel momento del concepimento e che poi si è disperso nel suo sangue. Questa realtà ci ha gettato nello sconforto totale, passavo le giornate a piangere. Al trambusto interiore poi, come se non bastasse, si è unito anche un conflitto esteriore, con chi era al di fuori della nostra famiglia, unita contro tutti.
Si perchè all’epoca la gente di paese non aveva pietà nè compassione, non esisteva la mentalità di oggi, di apertura, di accoglienza nei confronti della diversità e, ogni volta che ero costretta ad uscire, mi sentivo addosso tutto il peso del giudizio altrui, del prendere le distanze che si leggeva chiaro nelle espressioni di chi ci guardava fisso. Lavoravo come operatrice sanitaria in un centro anziani, uscivo la mattina presto e una volta rientrata, preferivo stare a casa con mia figlia, dipingevo, questa passione unita alla fede, mi hanno aiutato a sopravvivere, forse la vita me l’hanno salvata davvero. Poi l’arrivo di Riccardo, il mio secondo figlio ci ha donato una speranza per il futuro. Non eravamo più soli.
Riccardo e Barbara si sono voluti da sempre un gran bene, non ricordo un solo litigio tra di loro. Fin dall’inizio Riccardo, pur essendo più piccolo, è stato in qualche modo responsabilizzato nei confronti della sorella. L’ha sempre seguita molto, accudita, protetta. Era lui a prendersene cura quando noi eravamo fuori per lavoro. Tenere Barbara nel nostro “guscio” familiare, circondata dal nostro amore profondo ci sembrava la cosa migliore da fare, e così abbiamo fatto finchè abbiamo potuto.
La scuola
“Barbara, se ti prendono in giro, se ti fanno del male, tu fai una cosa: vai dalla maestra a dirglielo, e se per qualche motivo non ci riesci, scalcia, fatti rispettare, dagli pure un calcetto sugli stinchi”
Questo, per un pò di tempo, è stato il suggerimento spassionato che ho dato a mia figlia, ogni mattina, prima di lasciarla entrare a scuola. La percezione che subisse dai compagni dei veri e propri atti di bullissimo è stata graduale e lenta. Barbara non aveva la capacità di comprendere ciò che accadeva, nè il carattere per riferirlo chiaramente. E’ servito del tempo per accorgermi che aveva paura di entrare nei bagni e, soprattutto, per capire che il motivo era legato alla scuola dove veniva presa di mira da qualche ragazzino che regolarmente approfittava della distrazione degli insegnanti per deriderla, schernirla e chiuderla in bagno. Naturalmente quando ce ne siamo resi conto abbiamo subito alzato la voce a scuola, con le insegnanti, con i genitori, richiedendo più attenzione e cura affinchè episodi del genere, ai danni di mia figlia, non accadessero mai più. Barbara ha sempre avuto l’insegnante di sostegno ma non è bastato a proteggerla dalla cattiveria. Con l’aiuto della musicoterapia e con tanta pazienza siamo riusciti ad allontanare molte delle paure che Barbara ha maturato in quel periodo. Il timore degli altri è stato forse lo scoglio più grande.
Non dico che sono cose che possono succedere ma purtroppo, spesso e volentieri accadono alle persone più fragili, come Barbara. Confrontandoci con diversi genitori di ragazzi con disabilità intellettiva ci siamo resi conto che non è poi così raro, ascoltare ancora oggi racconti di discriminazione e bullismo. Per questo abbiamo chiuso in cantina questo brutto ricordo, consapevoli che da allora tante cose sono cambiate e cambieranno ancora, in meglio.
Lasciare il Paese per trasferirsi a Pietrasanta fu una decisione importante, oserei dire determinante per ricominciare una nuova vita. Lasciarsi alle spalle una comunità dove ci siamo sentiti “non voluti” per fare capolino in un altro ambiente è stato come un punto di ripartenza. Io in particolare in qualche modo “tornavo a casa”, tornando a vivere vicino ai miei genitori, e allo stesso tempo “iniziavo ad uscire di casa” senza alcun peso, a testa alta. Finalmente. Barbara ha iniziato a frequentare il “Centro Arcobaleno” che l’ha aiutata tanto nel suo percorso di autonomia, ma non solo…
Lo sport
Barbara ha sempre manifestato fin dai primi anni della sua vita, un’innata passione per i cavalli. Li ama e quando li incontra le si illumina il viso. “Cavalcare per lei sarebbe un sogno che si realizza” pensavo tra me e me quando credevo che per lei, con il suo poco equilibrio, sarebbe stato impossibile. Poi un giorno ad una festa in piazza ci siamo imbattute per caso in una dimostrazione di equitazione con Special Olympics. Ho notato subito che i ragazzi in sella avevano delle difficoltà ma riuscivano a cavalcare al passo, al trotto, addiritturra al galoppo. Fu allora che mi sono detta: “ Se loro ci riescono perchè non anche mia figlia?”
L’incontro con Elena Lucchesi e il Team Unicorno ci ha aperto le porte di un mondo meraviglioso, fatto di opportunità, di accoglienza. Sono iniziati gli allenamenti, due volte a settimana. Barbara, entusiasta, decisa e precisa com’è, non ne ha mancato uno ed è iniziato per lei un percorso fatto di obiettivi man mano sempre più importanti e “impensabili”. Al passo, al trotto, al galoppo, Barbara ha partecipato ad ogni evento Special Olympics, purchè ci fossero i suoi amati cavalli. Locali, Regionali, Nazionali, ad Arezzo, a Biella, a Montecatini collezionando in ogni occasione tantissime medaglie tutte gelosamente custodite.
La nostra famiglia si è fatta in quattro pur di accompagnarla sempre ovunque e dovunque perchè i miglioramenti che abbiamo visto in lei sono stati sostanziali. Lo sport l’ha resa sicura delle proprie capacità, aperta e sorridente verso gli altri che non le fanno più paura. Ha migliorato tantissimo il suo equilibrio fisico. Grazie alle gare Special Olympics ha anche compreso appieno il valore di una medaglia e la differenza tra una vittoria e una sconfitta.
Ha fatto proprio il giuramento dell’atleta Special Olympics: “Che io possa vincere, ma se non riuscissi, che io possa tentare con tutte le mie forze” non arrendendosi mai alle difficoltà.
I Mondiali
“Oh Dio come farà Barbara, non sa pettinarsi i capelli da sola”
Ho pensato questo quando ho saputo che mia figlia è stata convocata nella delegazione azzurra ai Giochi Mondiali Special Olympics di Abu Dhabi: un misto di preoccupazione e gioia ha poi lasciato il passo al solo orgoglio di essere la mamma di un’atleta. Se 40 anni fa mi avessero detto che sarebbe partita da sola, con la sua squadra, per un evento mondiale rappresentando l’Italia nella disciplina dell’equitazione non ci avrei mai e poi mai creduto. Oggi è diverso, credo fermamente nelle potenzialità di mia figlia e ci crede anche lei moltissimo, tanto che, consapevole del suo impegno, aspettava con ansia l’arrivo della convocazione al mondiale. Era nell’aria. In realtà già nel 2015, per i Giochi Mondiali Special Olympics di Los Angeles, Barbara nutriva una forte aspettativa. Poi quando ha saputo che un’altra atleta di Massa era stata convocata, si è sentita delusa, non è stato facile per lei ma non ha mai mollato.
Partiremo tutti; mamma, papà e Riccardo seguiremo Barbara fino ad Abu Dhabi per vederla gareggiare e non importa se sarà un pò spettinata. In fondo i sogni che alla fine si realizzano scompigliano sempre i capelli. Grazie Special Olympics.