Giacomo Bacelle; una storia di riscatto grazie allo sport

 

Un bambino piccolo piccolo
 Giacomo è nato piccolo piccolo e con importanti problemi polmonari di cui siamo venuti a conoscenza già prima della sua nascita, con un’ecografia all’ ottavo mese di gravidanza. Le sorprese, però, non erano finite lì.

La Sindrome di Down – racconta la mamma-  è un parolone, una definizione che racchiude un mondo complesso, che mette spavento, di cui si sente sempre parlare e che, personalmente, mi era capitato anche di studiare sui libri, grazie al mio percorso universitario. Sono una fisioterapista.

Quando è nato Giacomo, e l’ho visto per la prima volta, mi sono subito resa conto che qualcosa non  era andata per il verso giusto, mi sono praticamente fatta la diagnosi da sola. Quella ufficiale è  arrivata solo un paio di settimane più tardi, con esami alla mano. Certamente la disperazione è  stata la prima reazione ed è stata tanta, ma le condizioni critiche che stavamo vivendo in quel momento ci hanno dato altre priorità,  abbiamo trascorso un mese intero nel reparto di patologia neonatale.

Giacomo è nato il 5 gennaio del 2000 ma, per me, è venuto veramente al mondo il 7 febbraio, il giorno in cui, inaspettatamente, ho ricevuto quella telefonata attesa, insperata: Giacomo poteva lasciare finalmente l’ospedale. La gioia era talmente tanta che tutto il resto è passato in secondo piano, persino la sua Sindrome di Down. Da quel giorno è iniziata una nuova vita, possiamo chiamarla un’avventura, se vogliamo, perchè ha tutte le caratteristiche di una grande sfida; crescere un figlio problematico cercando di offrirgli tutte le opportunità possibili, lavorando incessantemente per favorire la sua autonomia, così come avevo sempre fatto, fino ad allora, per i miei pazienti. Farlo per mio figlio, mi dicevo, sarebbe stato ancora più motivante!

Un percorso in salita 
Giacomo è sempre stato un bambino solare e affettuoso, sensibile e bellissimo fino a quando, all’età di 8 anni, il trauma familiare che ci ha colpito lo ha segnato irrimediabilmente rendendolo pieno di paure, ansie e atteggiamenti di chiusura verso il mondo intorno, con la continua necessità di avere delle conferme, soprattutto da me che sono sua madre. Una mamma rimasta da sola a crescere il proprio figlio tra mille difficoltà.

Il suo percorso scolastico è iniziato a 8 mesi con il nido ed è continuato serenamente in ogni ordine e grado raggiunti. Ricordo che alle elementari era sempre lui a consolare i bambini che piangevano e mi diceva, una volta arrivato al portone con la cartella in spalla, “ciao mamma, buon lavoro”. Abbiamo sempre trovato delle insegnanti straordinarie e non ricordo di aver vissuto alcun episodio di emarginazione, anzi abbiamo sempre vissuto un’ inclusione piena, grazie all’accoglienza di tutti: docenti ed alunni. 

Fin da piccolo Giacomo è sempre stato stimolato in tutti gli aspetti, non ultimo quello motorio che gli ha permesso di raggiungere precocemente, rispetto agli altri bambini con la Sindrome di Down, tutte le tappe relative al movimento di base. Un aiuto fondamentale è senz’altro arrivato da tutte quelle ore passate in palestra insieme a me, insegnante, e al fratello, atleta di ginnastica artistica. 

Giacomo pratica calcio e nuoto, sa sciare dall’età di sei anni ma la sua prima passione si è riversata sulla ginnastica. E’ il suo mondo, in cui riesce ormai a muovevi autonomamente tra un attrezzo e un tappetone, tra i vari gruppi di ginnasti e istruttori  diventando anche un po’ la mascotte di tutti.

Un Atleta Special Olympics
Grazie allo sport ha iniziato un importante percorso di condivisione con gli altri, le sue paure si sono man mano affievolite, facendo spazio ad una più serena apertura verso gli altri. Ha partecipato assiduamente ad allenamenti, competizioni e saggi lasciando sempre il segno; negli occhi lucidi di chiunque sia stato suo spettatore ammirato. Senza volerlo, senza saperlo, Giacomo ha dato il via ad un’esperienza straordinaria di inclusione, incoraggiando e convincendo anche altri genitori ed altri atleti con disabilità intellettive ad affacciarsi al fantastico mondo dello sport. La società sportiva “Blu Kippe” team di Special Olympics conta oggi 25 atleti anche grazie alla gioia che Giacomo sa trasmettere mentre fa sport. 

Giacomo era ancora troppo piccolo quando, per la prima volta, ho partecipato con dei colleghi alla Cerimonia di Apertura degli Special Olympics European Youth Games di Roma, nel 2006. Ne avevamo sentito parlare, ma quando ci siamo trovati di fronte questi atleti, così gioiosi e fieri, ci siamo emozionati tutti come non mai ed è stato lì che, come mamma di un bambino con disabilità intellettiva, giurai a me stessa che, in qualche modo, mio figlio avrebbe fatto parte di questo mondo. 

Così  è  stato, Special Olympics si è rivelato  un’opportunità fantastica per Giacomo come per tutte le persone con  disabilità intellettiva, “persone” si, che hanno gli stessi diritti di gioire, riuscire in qualcosa di importante, dimostrare di potercela fare, anche nello sport. Hanno il diritto di sentirsi dei campioni al di là delle classifiche e delle prestazioni atletiche, così come chiunque altro. Questo è  il grande merito e il valore di Special Olympics che ricerca ed esalta le potenzialità di ogni atleta premiando il suo impegno e determinazione prima ancora della sua mera performance sportiva.

Giacomo cresce e continua a passare interi pomeriggi in palestra, si avvicina anche ad altre discipline sportive quali il calcio e lo sci,  partecipando regolarmente ai Giochi Nazionali, invernali ed estivi.  Era lontana dai nostri pensieri, però, anche solo l’idea di avere l’opportunità di provare un’esperienza simile. 

Un Atleta azzurro tra gli azzurri
Alla fine dello scorso anno, in un sabato qualunque del mese di dicembre , in occasione della Convention regionale, Giacomo, a sorpresa, è stato chiamato a salire sul palco; lui, proprio lui è stato scelto per rappresentare l’Italia ai prossimi Giochi Mondiali Special Olympics ad Abu Dhabi nel 2019. Vestirà la maglia azzurra, partirà da solo con la sua delegazione e metterà in campo tutte le sue forze per vincere la medaglia.

Ecco, devo dire che mentre io, mamma, mi perdevo in un mare di lacrime vedendolo su quel palco, lui era si visibilmente contento, ma forse non pienamente consapevole della portata dell’evento. 

Le cose sono cambiate, molto cambiate, da quando abbiamo spiegato bene a Giacomo cosa succederà il prossimo anno: che partirà per un posto molto lontano, da solo senza la sua famiglia, con la sua squadra e tanti nuovi amici e, soprattutto, con la borsa e la tuta dell’Italia, proprio come ha visto fare il suo grande idolo Cristiano Ronaldo. Ora è tutto chiaro si e Giacomo non perde un’occasione per allenarsi e parlare di ciò che accadrà. Con un’immensa gioia.

Conclusione 
Al di là delle medaglie e delle gare per quanto mi riguarda Giacomo ha già  vinto e vince ogni giorno una grande sfida. La vita per lui e per noi è stata, e continua ad essere, un po’ più in salita ma, alla luce di tutto ciò, vorrei chiedere: chi può  dire cos’é la normalità e qual’è il suo confine?

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