Dietro la grinta in campo e i sorrisi contagiosi, la storia di Sonia Ciboldi è fatta di coraggio, piccoli passi quotidiani e una grande passione per la pallavolo.
Sonia ha 33 anni e vive in Lombardia. È nata e cresciuta ad Agrate, e oggi gioca a Monza, dove ha affinato le sue abilità tecniche come palleggio, ricezione e attacco. “Mi piace lavorare sulla battuta dall’alto e migliorare la ricezione dei tiri lunghi,” racconta, “ma quello che amo di più è la schiacciata.”
La sua passione per la pallavolo non è solo sportiva ma profondamente umana. “Amo la pallavolo perché è uno sport di squadra, in cui tutti dipendiamo l’uno dall’altro. Ma quello che conta per me è anche stare con i compagni dopo l’allenamento, passare del tempo insieme, magari davanti a una pizza” dice sorridendo.
Sonia convive con la fibromatosi di tipo 1, una condizione genetica ereditaria. La sua vita personale è stata segnata da momenti difficili: la perdita del padre, il ricovero in una casa di cura della madre e del fratello minore. Sonia, invece, vive da sola nella casa di famiglia e si occupa della gestione quotidiana. Lavora saltuariamente come collaboratrice scolastica e, quando è in palestra, è sempre tra le prime a dare una mano.
“Vivere da sola è stata un’opportunità per crescere e imparare l’empatia,” spiega. “Ho imparato a cavarmela e a leggere negli occhi degli altri quando hanno bisogno di aiuto. Affrontando le difficoltà, ho capito come posso sostenere gli altri, dentro e fuori dal campo.”
La chiamata in Nazionale per la Special Olympics Unified Volleyball World Cup 2025 è arrivata inaspettata. Per Sonia è stata una conferma del suo impegno e della sua forza. “Indossare la maglia azzurra mi ha ripagato per anni di sforzi,” dice. “Cerco sempre di portare con me un sorriso e tanta determinazione. La pallavolo mi ha insegnato a non mollare mai: la partita non è finita finché non cade l’ultima palla.”
Anche la dimensione internazionale di questa esperienza l’ha colpita profondamente. “È molto emozionante essere qui,” racconta tra le lacrime. “La mia famiglia non è con me, ma le altre squadre tifano per noi. Competiamo, ma ci sosteniamo a vicenda. Questa sensazione non la dimenticherò mai.”
Oggi Sonia è un esempio di come lo sport possa essere un motore di inclusione, forza e relazioni autentiche. “Vorrei avere altre occasioni per gareggiare, migliorarmi e imparare a interagire con persone di altre culture,” confida. “La pallavolo mi ha regalato una seconda famiglia, dentro e fuori dalla palestra.”



