“Carlos nasce nel 1993. E’ uno scricciolo di 2 chili e 80 grammi tirato fuori con un cesareo. Siamo rimasti in ospedale per 24 giorni. Rifiutava il latte ed era sceso a 1 chilo e 600 grammi. Anziché mangiare, dormiva. Cadeva in letargo la sera presto per risorgere al mattino, sempre con un enorme sorriso stampato in viso. A 3 anni e mezzo Carlos sa pronunciare 8 parole e mangia ancora a stento. Inizia le sedute di logopedia e viene seguito da una neuropsichiatra che l’avrà in cura per i futuri vent’anni. Per qualche ora al giorno va alla scuola materna, con un programma semplificato. Facciamo passetti piccoli. I dottori mi dicono che c’è un lieve ritardo evolutivo, qualcosa non sta funzionando come dovrebbe ma non sanno capire cos’è. Iniziano gli esercizi per aiutare mente, cervello e mano a collaborare nella scrittura. In questo periodo, durante un viaggio, Carlos scopre il piacere del cibo e diventa una buona forchetta! Quando lo accompagno a scuola dobbiamo fare tappa fissa in bagno appena arrivati, per rassicurarlo. Poi, quando sono giù in strada, i saluti dalle quattro finestre, categoricamente sempre nello stesso ordine. Accade che Carlos stia a casa per la febbre. Al ritorno so che mi attende il rituale del bagno. Invece arriva di corsa, mi prende per mano e mi fa vedere che in un angolo c’era, un po’ nascosta, una piastrella leggermente rotta. Non riesce a spiegarsi in modo chiaro, arriva così la maestra che dice “E’ vero. Questa piastrella e’ stata rotta mentre lui era a casa ammalato” I dettagli! Ecco cosa vedono prima di tutto gli occhi di Carlos. Sono gli occhi di una persona autistica.
Il periodo più brutto della mia vita è nell’agosto del 2000. Carlos ha la pressione altissima e necessita un ricovero urgente. Ci siamo rimasti un mese e mezzo, in Ospedale a Novara e a Torino al Regina Margherita, per monitorare cuore e reni. Durante questo tempo il papà non è mai con noi. La mia paura è tantissima, il mondo che ti crolla e tu non sai a chi votarti. La forza me la dà Carlos, con quel musetto piccolo come una meletta che mi dice che li’ si mangia bene! Tra un ricovero e l’altro inizia le scuole elementari e ci si mette d’accordo col corpo insegnanti per decidere il metodo scolastico ed educativo, la gestione dei quaderni e del diario, visto che lui a casa non racconta nulla. Si concorda insieme anche come premiarlo, come rimproverarlo, quali pause concedergli.”
Lo sport
“Carlos prova un corso di minibasket. Non fa per lui. Ricordo quando il Coach spiega di segnare alla lavagna una linea ogni volta che si fa canestro. Carlos prende il pallone, lo guarda, corre alla lavagna e fa una decina di segni. E poi scappa via a fare altro. Conosciamo Special Olympics, un ambiente idoneo dove l’attività sportiva è inserita all’interno di un percorso educativo e formativo. Prima il nuoto, poi in seguito un progetto mirato a persone con difficoltà gli permette di fare qualche lezione in un maneggio. Alla prima uscita Carlos si avvicina all’insegnate di sostegno e le dice, a chiare lettere “io non salirò mai su un cavallo”. Lei lo tranquillizza e dice che guarderanno soltanto. La seconda volta il proprietario del maneggio si avvicina a Carlos e gli dice vieni che proviamo una cosa e lo mette su un cavallo. Carlos, da allora, non e’ più sceso! Inizia a partecipare ai Giochi Nazionali di Special Olympics, trovando grandi soddisfazioni in termini sportivi ma soprattutto l’opportunità di avere relazioni sociale e di sentirsi incluso. Alla sua prima gara regionale vince l’oro, nel dressage. Va quindi ai Nazionali di Arezzo e vince la medaglia d’oro! Argento a Venezia, nel 2104, così come a Matera; l’anno successivo è di nuovo nuovo oro nel 2017 a Biella, dressage a trotto. Lo sport, al di là delle medaglie, gli ha permesso di vivere numerose esperienze, di sentirsi vivo e di acquisire maggiri sicurezze e consapevolezze che possono estendersi anche in altri ambiti della vita.”
L’adolescenza
“Negli anni delle Scuole Medie Carlos ha una grande evoluzione, anche se sento dentro di me una grande necessità: far sì che lui riesca ad esternare le sue emozioni; le sue paure, le sue ansie e la sua rabbia. Lo guardo crescere e so, con estrema certezza, che arriverà ad esprimere i suoi pensieri e ad aprire il suo cuore solo attraversando un percorso di consapevolezza e di presa di coscienza della sua disabilità. Le insegnati di sostegno sono stupende e praticano un metodo che si rivela adattissimo ai ragazzi autistici, pur non sapendo ancora che Carlos lo fosse. Grazie a loro nasce il “Quaderno delle Emozioni” dove, in una sorta di dialogo, lui ed io scriviamo del suo disagio e della sua frustrazione. Riusciamo anche ad ottenere una educatrice del Territorio con cui farà importanti conquiste, oltre l’apprendimento delle lezioni riusciamo ad andare oltre con un percorso esterno alla scuola, con attività volte alla sua vita di uomo adulto. Insieme fanno sport, autonomia domestica, visite in biblioteca, vanno a far spesa. Carlos ha imparato ad usare i mezzi pubblici e torna a casa da scuola in perfetta autonomia. Ricordo quello che abbiamo fatto per riuscirci: l’educatrice prepara cartelli, foto, insieme fanno una sorta di carta di riconoscimento con indirizzo e numeri telefonici. Il primo giorno in cui lui prende il pullman, lei lo segue di nascosto! Il 2010 e’ un anno spartiacque. Aspettiamo 6 mesi per un appuntamento a Bologna presso il Centro dei disturbi del linguaggio. Gli vengono fatti vari test cognitivi e alla fine hanno il verdetto: Carlos, e’ un soggetto autistico, con Sindrome di Asperger. E sappiamo anche che i metodi sin allora utilizzati sono stati, grazie alle buone stelle sul suo cammino, quelli più idonei”.
La fotografia
“Ora che Carlos e’ uscito dalla scuola è necessario mantenere le autonomie acquisite e trovare occupazioni che scandiscano il suo tempo. La fotografia e’ diventata la sua passione e vorrebbe farne un possibile lavoro per il futuro. Per tre anni è stato affiancato da un fotografo e ha organizzato due mostre personali “A spasso per il mio Paese” e “Angoli nascosti”. Carlos ha preso parte, come fotografo, alla Fashion Week di Barcellona dove vive due giorni incredibili. Il suo comportamento, le sue reazioni ci sorprendono. Riesce a gestire tutte le varie situazioni, anche quelle improvvise, con calma ed estrema serenità. E’ stato molto emozionante vederlo seduto (coricato poi, per fotografare al meglio) nella zona riservata ai fotografi delle riviste specializzate. Mai avrei pensato che Carlos arrivasse a certi traguardi e con quella serenità. Torna a casa con una nuova consapevolezza: sa che può credere nelle proprie capacità perché ne ha i mezzi! A settembre 2017 Carlos realizza il grande sogno che abbiamo pensato per un lungo anno: una Mostra di Moda con tanto di sfilata dei capi fotografati. Gli scatti per la Mostra sono stati ambientati in dimore e palazzi storici del territorio, Carlos vive la preparazione con grande felicita’. Sceglie la foto per la locandina, la musica per il video, le canzoni da far cantare e recluta le modelle. Nel frattempo si realizza un altro mio sogno per Carlos: far scrivere un libro che racconti di lui. Sono scene ironiche che contengono un messaggio. Sono le soluzioni a certe paure e disagi che lui ha saputo trovare e che usa ogni qualvolta si presentano. Dice “leone leone” al posto della parola attenzione che invece lo agita moltissimo. C’e’ la parola “lei” per indicare mamma, “cuoco” invece di Giancarlo, il mio attuale marito. Carlos non dice i nomi delle persone a cui vuol bene perché sarebbe un coinvolgimento emotivo tropo forte, un mettere a nudo i suoi affetti e le emozioni più profonde. Quindi ricorre a nomignoli che inventa per noi familiari e amici. Ne è venuta fuori una fiaba per bambini. Il titolo e’ “La storia di Carlos e dell’incantesimo dispettoso”, dove l’incantesimo e’ proprio l’Autismo. Il protagonista e’ un Principe senza cavallo ma con la macchina fotografica!”
Maggiore consapevolezza
“Io sono nata in Colombia. Sono stata abbandonata in un orfanotrofio e a tre anni una coppia italiana di Bogotà dal grande cuore mi ha adottata. La loro educazione, la dolcezza, la pazienza e l’infinito amore mi ha insegnato l’importanza del sorriso ed il rispetto per gli altri. Il mio sole interiore sudamericano si e’ miscelato con tutti i loro insegnamenti ed ecco perché
oggi vivo Carlos, che mi ha reso una persona migliore, con una positività indistruttibile.
Oggi Carlos è perfettamente conscio di essere un ragazzo autistico, la mia speranza è che anche la società possa avere una maggiore consapevolezza che tutti siamo diversi e che aprirsi all’altro significa seguire il proprio cuore. Come amo dire a tutti, ogni giorno mi metto gli occhiali con cui Carlos guarda il mondo e lo affrontiamo insieme.”
[embedyt] https://www.youtube.com/watch?v=QmH0fHnIpyY[/embedyt]