“La storia di Raffaele – racconta la mamma Elisa – inizia, per noi, con una telefonata. Desideravamo da due anni un terzo figlio, Francesco e Maria, che all’epoca avevano otto e sei anni, erano grandicelli e già due gravidanze non avevano avuto successo. E’ in questo momento così particolare che arriva la telefonata di un’amica. Qualche anno prima aveva adottato una bambina con la sindrome di Down. Ci dice di essere stata contattata dal giudice che aveva seguito il suo caso e che il Tribunale dei Minori cercava una famiglia disponibile ad un affido terapeutico per un bimbo, con sindrome di Down, che doveva essere operato urgentemente per una malformazione cardiaca. Io e mio marito siamo entrambi medici e la cosa sorprendente era che avevamo già vissuto, con il nostro primogenito, l’esperienza di un intervento cardiochirurgico conclusosi poi positivamente. La malformazione era la stessa e noi sapevamo bene che un intervento precoce avrebbe dato, anche a questo bambino, la possibilità di una vita normale; ma qui c’era di mezzo anche la sindrome con le relative implicazioni e preoccupazioni del caso. Ne parliamo in famiglia ed ogni timore lascia il posto all’entusiasmo ed alla gioia, soprattutto per mio marito ed i miei figli, di vedere crescere la nostra famiglia.
Decidiamo di affrontare la sfida, Raffaele arriva a casa nostra in una piovosa giornata di marzo: ha 4 mesi e subito ci conquista con la simpatia che ancora oggi lo contraddistingue. Lo prepariamo per l’intervento che si realizza, in giugno, con pieno successo. A questo punto il nostro compito “istituzionale” era finito, ma come potevamo lasciarlo? Riaffidarlo al tribunale perché gli trovasse una famiglia? Quella famiglia eravamo già noi!
L’adozione
Iniziamo quindi, fra l’imbarazzo dei servizi sociali della nostra città e la consapevolezza della “naturalità” della nostra storia, il percorso verso l’adozione”.
Raffaele inizia così la sua avventura con noi, una famiglia molto dinamica e sportiva. Risolto il problema cardiaco, inizia a crescere e non ha bisogno neppure di una seduta di fisioterapia tanto è buono lo sviluppo neuro motorio e il tono muscolare. Di logopedia invece ha un bisogno estremo: il linguaggio fatica a svilupparsi in modo soddisfacente. Una logopedista paziente e gli insegnanti di sostegno che incontra nel suo cammino scolastico si impegnano su questo fronte. Lettura e scrittura non gli sono congeniali e a volte subentra in noi e negli insegnanti lo sconforto, non parliamo poi della matematica. La scuola per lui è un luogo molto ricco di amicizie, ma l’apprendimento risulta molto faticoso. E’ in questa fase però che comprendiamo subito che per lui, come per moltissimi ragazzi con o senza sindrome di Down, la molla non è il dovere di apprendere ma la motivazione per apprendere. In questo senso capiamo che lo sviluppo di tutte le competenze per chi ha la sindrome di Down riconosce i medesimi meccanismi dei ragazzi “normali” anche se si dipana in tempi diversi, più lenti ma a volte con accelerazioni sorprendenti. La motivazione diventa l’arma per imparare. Il suo desiderio di muoversi autonomamente per la città e il suo ottimo senso dell’orientamento sono la molla per leggere: capisce che quello che su libri e quaderni risultava sterile diventa utilissimo per leggere cartelli e indicazioni stradali. Andare da solo a comprarsi la merenda nel panificio diventerà la scoperta che la matematica , addizioni e sottrazioni, sono utili per usare il denaro.
Prendere l’autobus gli farà capire a cosa servono lunghe esercitazioni sull’uso dell’orologio.
Innamorarsi di una ragazzina bionda, anche lei con la sindrome di Down, lo aiuterà all’uso del cellulare, che prima malgrado tutte le nostre insistenze teneva sempre spento.
L’amore per lo sport
Per essere parte integrante della nostra famiglia Raffaele deve imparare almeno due cose: andare in bicicletta e sciare per condividere le nostre gite. Mio marito si impegna con estrema abnegazione alla bicicletta ed io organizzo nell’ultimo anno di scuola materna una settimana sulle nevi di San Vigilio di Marebbe, in Alto Adige, per affidarlo ad un maestro di sci. La locale scuola di sci lo affida ad un maestro “gigantesco”….lui così piccolino…. sulla meravigliosa pista del Miara. Il maestro fa previsioni modestamente pessimistiche all’inizio, ma dopo due giorni lo spazzaneve è ben impostato e al pomeriggio, dopo la lezione, scia già con me!
Sorprendente! Inizia così la sua passione per questo sport. La motivazione funziona ancora alla grande! Andare a sciare con la sua famiglia diventa il suo obiettivo. Svegliarsi presto al mattino per andare a scuola era sempre faticoso per lui, ma se ci si svegliava anche prima al mattino di sabato o domenica per andare a sciare, eccolo scattante come un grillo!
A nove anni lo avviamo all’atletica leggera iscrivendolo alla ASPEA di Padova, Team Special Olympics: allora era il più piccolo atleta, oggi al campo di Voltabarozzo si comporta da veterano. Si distingue subito nei lanci, pur avendo un fisico asciutto. Da poche settimane si sta mettendo alla prova nel salto con l’asta. Iniziano le prime esperienze ai Giochi Special Olympics sia estivi che invernali: anche qui è fra i più piccoli. Sono per noi emozioni fortissime! Siamo noi più emozionati di lui!
Special Olympics: un nuovo approccio allo sport
Facciamo conoscenza con una dimensione nuova di approccio allo sport, come opportunità di socializzare con altri ragazzi e genitori, di mettersi alla prova divertendosi e senza ansia, di godere delle bellezze naturali con nuovi amici, di valorizzare ogni piccolo passo avanti nella realizzazione della propria autonomia, di sentirsi realmente protagonisti in una realtà accogliente ed inclusiva. La generosità di tutti i volontari coinvolti negli eventi ci colpisce e rafforza in noi la Mission che la realtà Special Olympics porta avanti nel promuovere una società solidale ed accogliente per chi, come i ragazzi con disabilità intellettiva, chiede una vita vera e non relegata.
Quanti ricordi indimenticabili fin dai primi Giochi sul Passo della Mendola fino a Merano, Entraque, Livigno, Pinzolo, La Thuile, Bormio.
Il numero degli atleti Special Olympics padovani aumenta di anno in anno e quela che era una “piccola squadretta” cresce e si arricchisce.
Nasce il Progetto Bombardino all’interno della Associazione Down DADI di Padova: una settimana sugli sci ogni stagione nelle più belle località delle nostre Alpi. Da qui ogni anno nuovi ragazzi hanno la possibilità di imparare a sciare e per molti di loro l’obiettivo diventa quello di riuscire a partecipare ai Giochi invernali Special Olympics! Non importa se sei ancora novizio o se riesci a gareggiare con gli avanzati, non importa se la medaglia sarà d’oro o solo di partecipazione. L’importante è esserci! Avercela messa tutta rispettando le regole! Festeggiare il podio di un amico come se fosse il tuo! Raccontarsi alla sera le emozioni della giornata aspettando la successiva! Abbracciarsi prima di partire per ritornare alle proprie città!
Raffaele è dentro questa storia. La sua partecipazione ai prossimi Giochi Mondiali in Austria, a Schladming, porta con sé tutti i ragazzi di Padova come è stato anche per Giulia quando andò in America. Lo spirito di squadra ci permette di godere veramente delle esperienze di tutti! E allarga il tuo cuore al valore dell’amicizia!